venerdì 22 maggio 2009

IL_VECCHIO_DELLE_CANNE (CHI _L'HA_VISTO...?)


Il bastone da passeggio italiano
La canne (termine francese del bastone da passeggio), completamento di eleganza e valido mezzo di autodifesa sulla strada, in voga sia in Francia che in Italia dal ‘700 ai primi del ‘900, secondo lo storico incontestato degli sport da combattimento occidentali Sylvain Salvini, è di origine italiana e così si esprime a tal riguardo: “Per quanto riguarda il bastone o canne, non vedo di buon’occhio l’interesse che si ha nel lasciar credere che questo sport sia nato in Francia. Si usava prima in Italia nelle scuole di scherma alla spada o alla “lancia”. (…)Non bisogna dimenticare che furono i maestri italiani del ‘500 che portarono qui la scherma moderna, diventata poi “scuola francese”. (…)Nella costituzione dei Longobardi sotto Carlo Magno si autorizzava il duello al bastone.” Quest'ultima frase del Salvini ci da lo spunto per inserire qui ora un passo dell'introduzione del famoso "Traité de Canne, boxe et baton": "L’uso della Canne e del bastone, come arma e mezzo di difesa, si perde nella notte dei tempi. All’epoca di Carlomagno la Costituzione, inserita nello statuto dei Longobardi, permetteva il duello con la Canne. Più avanti i gentiluomini preferirono servirsi del “ferro” e la Canne e il bastone furono lasciati ai villani e contadini. In tempi più moderni, a partire da Luigi XIII, si cominciò a portare allo stesso tempo sia la spada che la canne. Infine, ai giorni nostri (1850 ca. NdT), la spada non si porta più ma ognuno è munito di una Canne; il gentiluomo la porta con un pomo d’oro, il vigliacco con la punta di un fioretto, il vecchio con un “bec de corbin”, e l’attaccabrighe riempita di piombo così da poter ammazzare un uomo. La Canne è più nobile del bastone: colpiamo il valletto col bastone e un nostro pari con la Canne; il bastone è rustico mentre la Canne è raffinata. Come armi invece, il bastone e la canne, abilmente maneggiate sono pari; un abile bâtonniste se ne intende anche di spada, di baionetta e di lancia; deve temere solo le armi da fuoco! Con una Rouse Couvert e con i fouettés formerà attorno a sé uno scudo impenetrabile che niente potrà temere. Un uomo capace può stoccare, in quindici secondi, fino a ottantadue colpi di canne (?? NdT), come faceva il celebre professor Lecour. Tra i professori celebri di scherma con la canne e bastone, oltre a Lecour, vogliamo ricordare Leboucher, Larribeau, Lozés, Vigneron, Blanc, Boutot, Burdin, Jacou, Foucart, Person, Boursalt e altri ancora. Larribeau è stato autore di un metodo d’insegnamento che ha avuto molto successo: consiste nel far esercitare l’allievo (a casa? NdT) con un manichino, grazie al quale riesce a fare progressi in meno tempo. Generalmente lo studio del bastone precede quello della canne; il bastone allena due braccia con un asta relativamente pesante, rendendo poi più facile il maneggio di un asta più leggera con un braccio; tendere a cominciare l’allenamento direttamente alla canne, prima del bastone, porta ad allenare un braccio solo e a non abituare l’altro per il successivo maneggio con due braccia e con un asta più pesante." Moda e difesa, dunque! moda che durò sino al primo ‘900. Poi, come tutte le mode, la canne cessò di essere un’accessorio di eleganza e dopo gli anni del primo conflitto mondiale l’usanza sia della canne come del cappello andò perduta.
XIX secolo: savate, canne e duelli
La Canne intesa come Sport da combattimento nasce in Francia ai tempi del II Impero (1852-1873) nelle caserme dell’Armeé Française e in Italia alla fine del XIX secolo presso la Società ginnastica Andrea Doria di Genova per opera del Maestro Zerboni. Entra però in contatto con le palestre e le sale d’armi molto prima, quando non era ancora considerata uno “sport” ma uno strumento di difesa; troviamo infatti insegnanti di canne e di bastone già molto prima della Rivoluzione! Nel corso del XIX secolo però la sua evoluzione che la porterà a diventare uno Sport da combattimento la deve sicuramente anche al nascere e proliferarsi della Savate conosciuta dai più come Boxe Francese; ma andiamo con ordine. Alla fine del XVIII secolo, all’epoca della rivoluzione, la savate era già fiorente in Francia e la canne ormai affermata; Theophile Gautier afferma nel suo libro “Le maitre de Chausson” (Parigi 1840): “I maestri bâtonists di canne erano celebri prima della Rivoluzione; questa gloria si rovinò come tante altre nel baratro del 1793 e bisogna compiere un salto storico fino all’Impero e alla Restaurazione per trovare nella memoria dei più vecchi maestri i nomi dei primi che costituirono la dinastia della savate. Fanfan le bâtoniste è il Romolo di questa storia e rappresenta il periodo eroico e favoloso (…).” La savate tendeva già in quell’epoca a porsi nell’insegnamento dei “bâtonists” (esperti in scherma di bastone) tra la pratica del bastone e della canne: discipline che avevano ormai ciascuna i loro specialisti. Certamente “batonists” e “tireur de savate” completavano la loro formazione con una conoscenza delle altrui tecniche, come nei tempi odierni coloro che pur praticando la Boxe Francese cercano di conoscere anche le tecniche della Canne, delle armi, perfino del bastone e della Lutte Parisienne (disciplina che ingloba lotta, prese e colpi pericolosi del combattimento sulla strada e naturalmente impossibili nelle competizioni sportive). A differenza della canne lo sport dello chausson (Savate) era nella realtà nato nel periodo della Restaurazione (1815-1830); molto più giovane ma ugualmente apprezzato, tanto da crescere insieme alla canne nelle sale d’armi, più militari che civili, dove si praticavano combattimenti e allenamenti di entrambi. Lo scopo di questi combattimenti era di sviluppare la velocità, la precisione, il colpo d’occhio, mettendo così il praticante in grado di applicare in un vero combattimento per la vita gli insegnamenti, e anche le prese e i colpi “non sportivi”; nell’ottocento infatti, l’allenamento non poteva limitarsi soltanto alla ripetizione dei movimenti con un compagno: prendere l’abitudine allo scontro diventava una carta supplementare che permetteva di affrontare meglio tutti i rischi di una rissa.
A tal proposito è molto interessante un passo da un racconto di Theophile Gautier: “In quel tempo gli uomini non portavano più la spada. La polizia vieta il porto delle armi e si è puniti con un’ammenda di 5 franchi per avere un pugnale in tasca; ogni uomo che ritorna dopo l’imbrunire è alla mercé dei ladri e degli assassini che rischiano la ghigliottina (…); le mazze piombate, le cannes a punteruolo sono proibite e sequestrate dalla polizia agli uffici del teatro affinché cattivi monellacci e orrende falene notturne che svolazzavano agli incroci abbiano tutti la facilità di spellarvi e accopparvi; ma avete le vostre canne, i vostri pugni e i vostri piedi (rif. Alla Boxe Francese, nda) che opportunamente addestrati sono delle armi temibili come la mazza dei Caraibi o il laccio dei gauchos argentini (…).” Le risse erano frequenti tra la gente del popolo e alla moda nei boulevards; era questione di scambiarsi dei biglietti da visita oppure degli schiaffi e ritrovarsi il mattino seguente a duellare sul prato… Anche a questo riguardo Gautier è molto esemplificativo: “I campioni arrivavano seguiti dai loro testimoni e prima di incominciare domandavano: “Si fa tutto?”. Secondo la gravità dell’offesa la risposta era affermativa o negativa. “Si fa tutto” voleva dire che potevano mangiarsi il naso, estirparsi gli occhi con il colpo della forchetta, strapparsi le orecchie e servirsi dei denti e delle unghie; in caso contrario erano permessi solamente i calci e i pugni (oltre la spada, naturalmente… nda) che rappresentava la differenza tra i duelli al primo sangue e i duelli a morte. Quando si faceva di tutto le botte segrete e i colpi di freccia erano validi (…).” La forza quindi era di combattere con le armi che la natura aveva concesso all’uomo. Ma il “tireur” in queste risse era un esperto e l’uomo di mondo ne faceva spesso la pungente esperienza a sue spese. Per ovviare a questi inconvenienti si sentì la necessità di affiancare al maestro d’armi (indispensabile in questo secolo dove i duelli erano frequenti) un insegnante di savate, per tutti coloro che per piacere o professione frequentavano luoghi più o meno malfamati. Alexandre Dumas padre ha narrato queste vicende in un suo libro poco conosciuto: “Filles, loretes et courtisanes” edito da Dolin, Paris 1843. Theophile Gautier e altri scrittori ci hanno tramandato i nomi dei più celebri savateurs-batonists civili, la loro celebrità nei combattimenti pubblici e il loro virtuosismo nel maneggio del bastone, della canne, della spranga di ferro, del bastone spezzato… Celebre in queste arti marziali, per esempio, fu all’epoca della restaurazione Fanfan le bâtoniste. Parallelamente nell’esercito gli istruttori si specializzavano in discipline di combattimento e si stampavano ora per di più in diverse città dei brevetti di “Maitre” o di “Prevot” di “Pointe” (spada), di “contre-pointe” (sciabola) e nel corso del decennio a questi brevetti sarebbero seguiti dei diplomi di “Canne”, di “Chausson” e di “Boxe”. Tutti questi diplomi erano consegnati ai richiedenti dopo un esame passato davanti a sei maestri delle specialità e dovevano obbligatoriamente averne le firme, come ai tempi del regime monarchico per i maestri d’armi. Da notare che oltre alle sale d’armi c’erano delle palestre militari nelle principali città. Un ottimo esempio è la palestra-sala d’armi di Lord Seymour, “uomo di mondo ed erede di una favolosa fortuna”. Pugile ed emerito schermitore, eccezionale sollevatore di pesi, praticava anche la lotta e la savate. Fin dalla maggiore età aveva fatto trasformare un piano del suo Hotel (ex Demidoff), avuto in eredità dalla madre, in palestra-sala d’armi, che vedrà sfilare tutti i grandi nomi aristocratici dell’epoca che venivano lì a tirare con le armi o ad imparare le astuzie della savate. Anche i letterati erano assidui frequentatori: Eugéne Sue, Theophile Gautier; i più famosi maestri d’armi di Parigi vennero li a tenere lezioni: Bertrand, Roussel, Prévost, Gatéchair, Griser padre e figlio, Cordelois, i fratelli Lozés, ecc. In questa palestra insegnò anche un savateur-batoniste celebre, Michel dit Pisseux, che con il suo allievo Charles Lecour venne a portare il suo sapere. Sempre grazie al nostro Theophile Gautier possiamo entrare in una di queste sale, per capire esattamente come andavano le cose…
Concetto filosofico di Remo Marangoni (dit Remus)
L'uso del bastone non è da intendersi solo come un'arte marziale o uno sport da combattimento, ma anche un modo per interpretare e valorizzare tutte le potenzialità intrinseche. Gli aspetti più significativi si possono raggruppare in: utilitaristico, schermistico o armato, etico. L'aspetto utilitaristico è il più immediato e naturale. Camminare col bastone è una delle cose più semplici e genuine che si possa fare. Tale pratica non necessita di particolari requisiti, perché ognuno può farlo quando e come vuole a seconda della sua disponibilità. Una persona che non l'abbia mai fatto non può apprezzare il senso di serenità che ne deriva. La cosa più importante nel fare questo, è che il bastone deve essere di una lunghezza tale da poter toccare terra. La misura non è determinante, purché tocchi terra di volta in volta durante il cammino. Corto medio o lungo in questi termini, ogni misura ha una sua utilità. Se ciò non avviene, come ad esempio impugnando un manganello, non si intende più bastone utilitaristico, ma arma soltanto priva di questi significati. Altro punto essenziale; il bastone è un oggetto strettamente personale e va quindi reperito nel suo ambiente naturale, il bosco, adattandolo poi a seconda delle caratteristiche individuali. Si devono usare solo fusti giovani e non i rami che hanno minore integrità. I legni migliori sono quelli selvatici nostrani, usati fin dai tempi più antichi, come il corniolo (legno sovrano), la sanguinella, il prugnolo, il sorbo, il bosso, l'olivo, l'agrifoglio, la marruca. Nell' utilitaristico è compreso e si evolve da esso come prolungamento delle funzioni, l'aspetto schermistico, inteso come arma potenziale ma non fine a se stessa. All'occorrenza il bastone può trasformarsi dall' utilità ad una formidabile arma. Questa caratteristica per essere espressa al massimo della sua potenza necessita di un supporto tecnico. Per assimilare la tecnica, è necessario seguire un sistema di apprendimento metodico e progressivo, basato su precisi schemi. La tradizione popolare del nostri luoghi, ci ha tramandato tecniche pratiche ed efficaci, con cui i nostri predecessori si difendevano. E non è neanche necessario ricercarle tanto o a distanza, né tanto meno nel lontano oriente, ma proprio attorno a noi, perché si possono ancora reperire sistemi totalmente nostrani, stranamente così vicini e poco conosciuti, che la società del benessere, per fortuna, non è riuscita a cancellare completamente. Ci riferiamo a quel patrimonio di usanze popolane trasmesse di padre in figlio, legate ai ceti sociali che per necessità quotidiana usavano il bastone. Diventa dovere a questo punto riportare in auge e mantenere una parte della storia, una storia a noi molto cara, la nostra storia.
La scherma col bastone oltre a essere una eccellente ginnastica in grado di potenziare l'apparato cardio-respiratorio, migliora la coordinazione motoria, dando a chi la pratica un colpo d'occhio ed un senso tattico molto elevati. Tutto il sistema neuro-muscolare viene ad essere coinvolto ai massimi livelli, scaricando lo spirito guerriero. Inoltre sotto il profilo comportamentale, si evidenzia un codice morale che richiede una coscienza cavalleresca, es­pressa ai più alti livelli della lealtà e della correttezza, nella umile coscienza dei propri limiti. Dal momento che il bastone non nasce come arma, ma come arma ha come supporto utilitaristico, l'aspetto etico ha un significato particolare, perché chi ha delle remore nel versare il sangue altrui, col bastone ne può dosare le conseguenze, prendendosi comunque le sue responsabilità. Ma oltre l’utilità dell’uso, esiste un aspetto più sottile che unisce l'uomo in una mistica simbiosi al suo contesto naturale.Il bastone diventa allora un punto d’ unione, un tramite di energia biomagnetica. In questa immagine è evidente il legame profondo fra uomo e natura, l' intimo dei suoi istinti e la misteriosa forza racchiusa nelle viscere della terra. Passeggiare col proprio bastone non è un atteggiamento casuale, perché se lo si fa nella giusta condizione mentale diventa simbiosi cosmica. La punta ad ogni passo si conficca nel suolo, mandando stimoli alla mano che la impugna, la mano avverte, passando il flusso al corpo che assorbe e si rilassa, scaricando a sua volta, sempre per la stessa via. Le tensioni accumulate, a terra. Questa pratica e stata usata fin dall'antichità e si sa che i guaritori pranoterapisti, durante le loro sedute, oltre a prolungati ed abbondanti lavaggi della mano in acqua corrente, per liberarsi dell' energia negativa assorbita, usavano anche poggiare I palmi delle mani sul fusto degli alberi, scaricando a terra il sovrappiù. Albero che pianta le radici al suolo o bastone che poggia passo dopo passo, sono della stessa matrice.. Entrando gradatamente nella giusta condizione mentale, si arriverà a percepire il flusso. Nel vuoto della mente anche il silenzio ha i suoi rumori. Questi aspetti sono interrelati ed inscindibili tra loro. L’utilitaristico e il più spontaneo ma incompleto se non si conoscono le potenzialità tecniche dell' arma intrinseca. La sola pratica schermistica ridimensiona drasticamente i contenuti etici coi suoi significati mistico filosofici, riducendo il bastone ad un'anonima verga. L'aspetto etico, il più avanzato, non può essere raggiunto se prima non si approfondiscono i precedenti. L'insieme di questi genera l'armonia. Camminare - schermare - assorbire energia sono i tre aspetti fondamentali .
Scopi socio-educativi
Sui contenuti socio-educativi nonché sportivi di questa arte marziale occidentale chi meglio di Bernard Plasait potrebbe esporli? A lui lasciamo la parola: “Ma quest’arte della canne, ricca di un così folcloristico e commovente passato può oggi essere rivalutata? Senza dubbio, perché questa è un’arte, con le sue leggi e regole d’onore ed un’epoca come la nostra ha proprio bisogno di esercitazioni energiche per educare i suoi giovani e pacifici guerrieri. Certamente la canne è di origini modeste, ma i suoi scopi furono sempre elevati e bastano a giudicare il nostro interesse. Il diploma ornato di nastri dei cannisti di un tempo garantiva il valore e l’onore del suo titolare, ed apparteneva sovente ad uno di quegli operai che facevano come tirocinio per il loro stemma e la cintura il giro della Francia per vie traverse. I malviventi non se la pigliavano certo con questi esperti di colpi, i “bout volant” che li sapevano proteggere così bene. Il diploma implicava il rispetto verso i deboli. Affermava la cura oltre che difendere se stessi, anche di proteggere l’incolumità del prossimo. Interpretazione lontana, popolare e pia della vecchia cavalleria francese, naturale sostenitrice dei deboli. La canne oggi è uno sport ma viene praticata sempre con lo stesso spirito di distinzione. Ella è erede di idee nobili e generose e lo è anche di efficaci tattiche di attacco e di difesa. La canne da combattimento è uno sport che si può impiegare con risultati formidabili nella difesa contro eventuali assalitori. Bisogna averla vista nella pratica degli assalti ed aver soppesato la pesante canne da difesa, in pruno o corniolo, per poter immaginare la potenza distruttrice che un iniziato può dare ad un semplice pezzo di legno(…) La canne da combattimento è una scherma rustica, con un’arma di legno, ma non senza finezze. E’ certo meno sottile della scherma con le armi di metallo. Tuttavia anch’essa richiede e sviluppa le qualità fisiche e morali che fanno virili gli uomini. Essa è pure una forma di espressione. Il tireur può, senza pericolo, dare libero corso alla sua invettiva ed alla sua immaginazione vedendo i suoi errori immediatamente ratificati. Ma lo spirito deve presiedere a questo gioco appassionante, l’impegno fisico non deve essere da meno.” Conclude: “Infine vorremmo denunciare il pericolo che minaccia questo sport nella sua marzialità. Sotto il pretesto che la canne non è più un’arma inseparabile del cittadino, come lo fu un tempo, alcuni vorrebbero modificarne le regole. L’assalto che non impone l’efficacia estrema che richiederebbe la difesa nella strada qualcuno vorrebbe che fosse “dolcificato”. Conosciamo questo rischio, perché anche la Boxe Francese per dei motivi analoghi, ne ha subito a suo tempo le tristi conseguenze. Questo quando la paura dei colpi aveva trasformato il combattimento in un assalto alla “touche” ed i colpi di piede erano divenuti dei graziosi colpi di pantofola pedanti ed inefficaci. Si parlava allora di merletti per qualificare questi combattimenti. Combattimenti effemminati e pieni di inutile grazia. I castratori argomentano: “la scherma ha modificato le sue tecniche, la sciabola ha ridotto i suoi mulinelli che sono ora limitati e prodotti dal solo polso, perché allora la canne non fa lo stesso?” Semplicemente perché la sciabola è un arma tagliente e pungente e si può senza tradire i suoi fondamenti portare un colpo d’ampiezza limitata senza minare la sua efficacia teorica. La canne è al contrario contundente e la sua efficacia non può derivare che da un largo movimento ampiamente sviluppato, che la lancia con vigore. Stringere il mulinello vorrebbe dire privare lo sport della canne della sua sostanza.” Quest’ultima argomentazione di Plasait ci da lo spunto per concludere il nostro viaggio con alcune precisazioni. Innanzitutto la “Canne italiana” è abbastanza diversa da quella francese e le differenze si possono collegare proprio al discorso sopra esposto sui mulinelli: lo stile italiano si basa sui mulinelli a differenza di quello moderno francese e tutti i suoi colpi sono conseguenti ad un mulinello; i francesi hanno sintetizzato la canne moderna a sei colpi senza considerare i colpi di punta, ancora presenti nel nostro stile. Tutto per favorire la velocità. Ma come ha detto Plasait la potenza di un colpo è data dal mulinello e con un buon allenamento si possono raggiungere velocità elevate; Lecour non riusciva forse a vibrare duecento colpi al minuto? Non vogliamo certo aprire una diatriba con i francesi, non sarebbe il luogo adatto; vogliamo solamente essere chiari sui motivi che ci hanno portato a staccarci dallo stile francese creandone uno tutto nostro.
Analogie:
La canne è anche l'arma per antonomasia dell' hapkido. La differenza sostanziale rispetto alla canne italiana e francese, risiede nel fatto che nell'hapkido essa viene utilizzata soprattutto per mettere in leva gli arti dell'aggressore e proiettarlo malamente a terra.
Tutte le informazioni di questa pagina sono state prelevate, grazie alla gentile concessione dei Maestri Italo Manusardi e Lorenzo Ravazzani dal sito: http://web.tiscalinet.it/canneitaliana/menu.htm

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